Storie di successo. Ma anche di ostacoli, porte chiuse in faccia e barriere dure da abbattere. In occasione della " Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza", che si celebra oggi in tutto il mondo e che è stata istituita dalle Nazioni Unite, un gruppo di ricercatrici dell'Università di Pisa e di Firenze ha deciso di dar voce a chi, come loro, ogni giorno porta avanti il proprio lavoro e lotta per continuare a farlo.

 

Riunite nell'associazione " 500 Women Scientists Pisa" (che si ispira all'omonima rete statunitense) hanno deciso di raccogliere queste testimonianze attraverso una serie di interviste che, di mese in mese, saranno pubblicate sui canali social del gruppo e diffuse anche all'interno del mondo accademico. Le prime a fare da megafono al progetto e a rispondere alle domande dell'associazione sono Monica Bini e Paola Tognini ( ricercatrici all'Università di Pisa in Scienze della Terra e Neurobiologia) ed Elisabetta Cerbai, ordinaria di Farmacologia all'Università di Firenze.
 
Attraverso le loro parole si scopre quanto per le donne sia difficile, ancora oggi, raggiungere posizioni apicali. Quanto quella tra famiglia e carriera resti spesso una scelta obbligata e quanto continuino a esistere le discriminazioni. Eppure si scopre anche perché vale così tanto la pena non arrendersi, continuare a studiare e guardare dritto verso i propri obiettivi. "Ho sempre lavorato in ambienti molto maschili, per il tipo di ambito di ricerca - racconta Cerbai - . In Germania le donne mi son sembrate subito più emancipate. Negli anni è stata fatta molta strada e adesso molte di noi sono nella condizione di fare in modo che non ci sia ( o ci sia meno) discriminazione. Non bisogna però arretrare nemmeno di un passo. Occorre mettersi in gioco, non c'è più bisogno di chiedere il permesso, inutile lamentarsi se poi una neanche si fa avanti".
 
Tognini incoraggia le donne a intraprendere la carriera scientifica: "Non spaventatevi e non permettete a nessuno di ostacolarvi. In passato mi è capitato che un professore maschio non prendesse sul serio il mio pensiero fino a quando un altro professore maschio non avesse sostenuto le mie stesse affermazioni. Un amministrativo, recentemente, ha prima accomodato le richieste di docenti maschi mentre io, nonostante fossi stata la prima a chiedere, sono stata considerata per ultima e trattata peggio. Alcuni colleghi maschi, scherzando, mi hanno fatto notare che il comportamento di certe donne dipende dalla fase del ciclo mestruale".
 
A raccontare episodi di discriminazione anche Bini: " Mi capita, come responsabile di ricerca, di andare a parlare con amministratori di enti e con tecnici di vario tipo e alcune volte vengo accompagnata da uno dei miei dottorandi o collaboratori. Molto spesso, dopo aver presentato il quadro della situazione, mi capita che l'interlocutore risponda parlando e guardando negli occhi l'uomo che mi accompagna invece di me. Questo atteggiamento è davvero svilente, ma si è espletato in un modo comico una volta che son stata accompagnata a ritirare uno strumento da mio cugino, che non ha niente a che fare con il mio settore ( lui è un artista). Il tecnico doveva dare istruzioni a me e invece continuava a parlare solo con mio cugino, che al che gli ha detto " guardi se non parla con lei io ho paura che qua ci facciamo sera". Trovo che questi atteggiamenti siano proprio il segno di qualcosa che non funziona".
 
A coordinare l'associazione " 500 Women Scientists Pisa", ci sono altre tre giovani donne, Tam Ho e Antonella Pomè ( entrambe post- doc all'Università di Firenze) e Miriam Acquafredda ( dottoranda all'Università di Pisa). " Abbiamo attivato l'associazione con l'obiettivo di rendere la scienza un po' più aperta, inclusiva e accessibile. Sentivamo la necessità di creare un posto sicuro in cui parlare di queste cose, una rete di scienziate intelligenti e solidali con cui confrontarsi".