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Avevamo la Luna

Avevamo la Luna

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QUESTA PAGINA VIENE CONTINUAMENTE MODIFICATA,
sia nel TESTO che nei LINK (non sono più attivi, siamo in attesa che la Casa Editrice Donzelli ripristini lo specifico sito web)

Avevamo la Luna - L'italia del miracolo sfiorato, cinquant'anni dopo - 
di Michele Mezza - Donzelli Editore 2013

questo libro è collegato ad una sperimentazione di Drammaturgia della Rete di Stefano Panunzi, che grazie ad un sito collaborativo curato da Carlo Monti e Fabio Pulcini, proseguirà la narrazione del libro in modalità cross-mediale partecipata, partendo da due Cronotopi, punti di ingresso in una rete spazio-temporale che sarà progressivamente densificata. La guida per inoltrarsi in questa struttura labirintica utilizza alcuni fatti, oggetti, luoghi o persone, che emergeranno nel testo come pietre d'inciampo del racconto, per la loro capacità di deviarci inaspettatamente, riportandoci al punto di partenza dal quale siamo entrati, unico punto di uscita dal labirinto.

L'esperimento non ha alcuna tesi da dimostrare sui fatti realmente avvenuti e storicizzati, ma ha come unico obiettivo quello di inseguire un paradosso che la Rete sta realizzando nel nostro nuovo ecosistema spazio-temporale : la distanza temporale da un fatto alza la risoluzione delle sue informazioni, dei punti (cronotopi) che costituiscono il tessuto narrativo del fatto stesso. Le parole e gli eventi assumono quasi una consistenza materiale. Il nuovo ecosistema spazio-temporale ci consente di sviluppare rappresentazioni percepibili e condivise di questa materialità. Il Tempo (giorno-mese-anno), lo Spazio (latitudine-longitutine) ed i Significati (tags) sono le coordinate degli atomi di una materia narrativa ultra-densa che tenteremo di trattenere nel cosiddetto Punto Triplo, condizione di totale incertezza di stato, come l'acqua, in cui basta una minima modificazione di pressione o temperatura per farla passare indifferentemente dallo stato solido, a quello liquido o gassoso e viceversa. L'Ecosistema Digitale si presta sempre più ad essere uno strumento per dare una immagine alle empatie dell'amalgama semantica nelle nostre menti ed una mappa all'entropia del dispiegamento spazio-temporale delle nostre azioni.

INCIPIT

Era una luna nuova d'inverno, mentre si stavano per compiere le ultime ore di due ingegneri della stessa impresa, seduti su un sedile, si stavano spostando da Oriente verso Occidente, lungo quel tratto della Via Francigena che in senso inverso entra in Italia dalle Alpi Svizzere, che da Aigle va a Santhià passando per Ivrea. Ma non erano insieme, fra loro due c'erano 22 lune e 135 chilometri.

CRONOTOPI

Aigle (Svizzera) - Sabato, 27 febbraio 1960 - (detto del giorno : febbraietto, mese corto e maledetto) - l'ingegnere Adriano Olivetti (59 anni) quella tarda sera senza luna, verso le 22, recuperava il soprabito nella carrozza ristorante, il treno correva sotto la neve lungo la ferrovia svizzera sul fondo valle della gola tra Martigny e Saint Maurice. Quel giorno aveva dormito a Milano per festeggiare a pranzo con i parenti al Savini l'entrata in borsa dell'Olivetti. Chi lo accompagnò al treno lo lasciò di ottimo umore e pieno di progetti per il futuro, aveva appena telefonato a Ferrarotti per dirgli che il 7 marzo sarebbero andati a New York per la ristrutturazione di Underwood. Il viaggio ad Hartford per la firma non lo preoccupava, in fondo in mezza giornata di auto ci si arrivava, ma lo spaventava l'aereo per New York. Prese quel treno alle 18.00 con il suo pacco di giornali, era riuscito a comprare l'edizione pomeridiana Stampa Sera, purtroppo con pessime notizie di Borsa e la descrizione della tragedia aerea del giorno prima del volo Alitalia Roma-Shannon-New York. Chi era in scompartimento con lui lo vide leggere per tutto l'inizio del viaggio, era silenzioso e preoccupato, spesso guardava fuori dal finestrino con sguardo assente, aveva con se anche una copia del suo libro "Città dell'uomo", appena pubblicato dalla sua casa editrice Comunità. Pensava alla corsa contro il tempo che Maldonado, Sottsass e Van Onck (HfG di Ulm) stavano facendo per il design della semantica universale da usare per la tastiera dell'Elea 9003. Pensava anche all'imminente ingresso della Fairchild Semiconductors nella sua SGS (Società Generale Semiconduttori), dopo le visite concluse da poco a Milano e Ivrea da Richard Hugdson e Robert Noyce, Mario Tchou gli aveva detto che per la nuova serie di ELEA i transistor al germanio (su concessione GE) potevano essere sostituiti con quelli all'avanguardia al silicio che Fairchild poteva produrre insieme ad SGS. Con la copia del libro aveva portato con se la bella lettera che gli era appena arrivata da Le Corbusier, che gli dichiarava totale dedizione per il progetto e per l'impostazione ideale del Laboratorio di Ricerche Elettroniche che avrebbero costruito a Pregnana. In fondo gli dispiaceva non aver potuto parlare delle ricerche elettroniche di Borgolombardo, in quella lunga e bella intervista che Garrone gli aveva appena fatto per la RAI, i meccanici di Ivrea non gliela avrebbero perdonata. A Losanna avrebbe salutato la bambinaia svizzera della sua ultima figlia, proseguendo Domenica per Gstaad, per incontrare l'ing. Ugo Galassi, suo collaboratore che era lì in vacanza. Il treno aveva appena passato la stazione di Bex, prima di Aigle.

Santhià (Italia) - Giovedì, 9 Novembre 1961 - (detto del giorno : quando Dio non vuole, i Santi non possono) l'ingegnere Mario Tchou (37 anni) quella tarda mattina piovosa, dopo una notte senza luna, seduto sul sedile posteriore della nuovissima Buick Skylark bianca, leggeva le pagine scritte da Mauro Pacelli in linguaggio di programmazione Palgo, per Elea 9004 al quale avevano iniziato a lavorare in quella estate dopo l'accordo con Mauro Picone a Roma per costruire insieme il CINAC (Computer INAC). Pensava anche a quando sarebbero riusciti a sostituire i transistor al germanio, che scaldavano troppo, con quelli al silicio che stavano ormai facendo insieme a Fairchild. Anche per questo aveva fatto tagliare una parte del suo parlato nel filmato promozionale (ELEA SERIE 9000) appena montato. In fondo gli dispiaceva non aver potuto nominare Adriano per evitare le preoccupate gelosie dei meccanici di Ivrea. Quando alzava lo sguardo dalle righe di programmazione, guardava la copertina del numero di "The Asia Magazine" del 22 ottobre che gli era appena arrivato da Hong Kong dove c'era la sua intervista nella quale raccontava tutta la sua storia con Olivetti. Quella rivista aveva appena esordito sotto la guida del giornalista cinese americano Norman Soong e del critico d'arte inglese Nigel Cameron. Continuava a chiedersi se fosse stato imprudente a rilasciarla dopo aver rinunciato alla folle idea di quel viaggio di notte con la barca da Honk Kong per la Cina comunista insieme a Roberto, Anna ed Elisa che lo dissuase in ogni modo. Anche se non aveva mai rinunciato al suo passaporto per Taiwan, visti i rapporti del padre con la Cina Imperiale e del suocero della sorella Memé con Chiang Kai-Shek, il rischio di equivoci e strumentalizzazioni fra le due Cine in conflitto in quegli anni era veramente troppo alto. Per non parlare di USA e URSS, proprio quella mattina stava cessando la crisi internazionale e militare di Berlino che rischiava di portare ad un 3° conflitto mondiale, in quei pochi mesi il muro era stato terminato e quella mattina fu definitivamente presidiato. In quel clima di guerra fredda la corsa ai computer a transistor ormai era inarrestabile ed era diventata globale. Era noto che Yungui Ci, direttore del Military Engineering Institute di Harbin solo un mese prima era venuto a Londra e si era reso conto che anche in Cina bisognava iniziare la corsa ai tranistor. In casa Olivetti avevano tutte le carte in regola e oltretutto bisognava trovare un nuovo mercato anche per finanziare l'ambizioso sogno di Adriano che finalmente Roberto aveva appena firmato con Le Corbusier per il Centro di Calcolo Elettronico di Pregnana. Era in pianura sull'autostrada Milano-Torino all'altezza dell'uscita per Santhià, andando a Ivrea da Milano, con quella macchina americana appena consegnata, targata Ginevra, della quale andava orgoglioso con Sottsass al quale disse "vedi, ora non ho più paura ad andare da Milano a Ivrea". Sottsass correva troppo per lui che non riusciva a stargli dietro. Quella mattina la fece guidare dal giovane dipendente del suo reparto Francesco Frinzi (28 anni). Frinzi aveva appena concluso il sorpasso di un autotreno e stava rientrando dalla terza corsia centrale, lungo la discesa del cavalcavia ferroviario per Biella.

Questa fotografia potrà avere nel tempo ulteriori particolari, ma a partire dalla fine di questo paragrafo inizierà una ricostruzione cross-mediale, ancora artigianale e non algoritmica, in attesa di implementare con l'aiuto del calcolo quantistico i cronotopi del Brain Activity Stream dei Digital Twins di Adriano Olivetti e Mario Tchou.